
Se vogliamo comprendere fino in fondo la concezione heideggeriana dell’opera d’arte, dobbiamo chiederci, fin dall’inizio, che cosa fa dell’opera d’arte un’opera d’arte. In via preliminare, si può rispondere che sarebbe insensato e inappropriato pensare a un’opera d’arte senza pensare, allo stesso tempo, al luogo in cui questa è posta, collocata, esibita. Senza il topos in cui è eretta, l’opera d’arte non è. Mancandole il suo fondamento, la sua raison d’être. Ogni forma genuina d’arte, tuttavia, è sempre abitata dall’impossibilità di una rappresentazione adeguata, corretta. Così per il tempio greco che non rappresenta nulla, così per le scarpe da contadina di Van Gogh, così per le sculture di Eduardo Chillida, così per le opere architettoniche di Alvar Aalto.
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Italiano -
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Sull'autore
Giorgio Rizzo
Giorgio Rizzo è professore associato di filosofia teoretica presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università del Salento. Ha studiato e insegnato in varie università estere tra cui la University of California Irvine, la Ludwig Maximilians Universität di Monaco di Baviera. Attualmente insegna, un semestre all’anno, alla University of Zambia. Tra i tantissimi saggi pubblicati, si segnala: La grammatica dell’interno. La filosofia della psicologia di Wittgenstein (2012), pubblicata per i tipi della Mimesis.