Freud si augurava, in uno scritto del 1926, che la psicoanalisi non divenisse un semplice capitolo dei manuali di medicina: essa avrebbe dovuto, secondo il suo fondatore, assieme alle altre scienze dell’uomo, contribuire ad affrontare i problemi che alla vita degli uomini si propongono. È il passaggio nella Geworfenheit heideggeriana quindi, il mestiere di vivere. Bion ci ha mostrato del resto come lo sviluppo della mente non sia affatto un progresso naturale e biologico, ma un lavoro di scambio con un’altra mente che possiede capacità di elaborazione e rappresentazione.
Il volume propone, assieme a una riflessione sulla struttura della mente in psicoanalisi, una serie di contributi nei quali la teoria psicoanalitica del funzionamento della mente (l’unica cosa di cui siamo – noi psicoanalisti – veramente esperti, aveva detto Hanna Segal) aiuta a capire in modo più approfondito la trama dell’ordine simbolico. Arte, letteratura, cinema, piccoli fatti della vita quotidiana ci si presentano come manifestazioni frutto delle individualità e del caso piuttosto che come un tessuto che ha un rovescio (nel senso in cui Lacan usa questo termine) che (ri)costruisce il processo attraverso il quale essi si sono prodotti e manifestati.
La psicoanalisi si presenta allora come scuola del sospetto secondo l’espressione di Paul Ricoeur, il vedere ciò che appare un punto di partenza invece come l’esito di un processo in cui si intrecciano, ci aveva detto Marx nell’Introduzione alla critica dell’economia politica, motivi economici, sociali, psicologici. Una psicoanalisi come critica dell’esistente.
Dettagli libro
-
Editore
-
Lingua
Italiano -
Data di pubblicazione
-
Collana
Sull'autore
Adriano Voltolin
Adriano Voltolin, psicoanalista, è presidente della Società di Psicoanalisi Critica. È docente al corso di Teoria critica della società all’Università di Milano Bicocca. Tra le sue pubblicazioni più recenti: Il rifugio e la prigione (2013), Il giuramento di Annibale (2017), Critica della mente innocua (2018).