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Amore, desiderio e passione costituiscono la radice profonda della vita. Che ne è di questi sentimenti ancestrali quando a viverli è un uomo imprigionato nella propria irrimediabile condizione di disabilità fisica? Nonostante l’handicap subìto in giovane età, lo scrittore francese Joë Bousquet ha saputo raccontare, come pochi altri, attraverso una prosa lirica, oltremodo poetica, il tragico dissidio tra la “potenza” impetuosa della pulsione amorosa e il mutismo di un corpo “impotente”. Anche Isel appartiene a questo mondo “psichico” e rappresenta il grido struggente di un amore assente, strozzato, soffocato, elemosinato. Per attutire il lacerante senso di vuoto interiore, generato da una vita “senza amore”, Bousquet si rifugia nella dimensione onirica della scrittura e ci parla di “Lei”, che non c’è mai, costantemente lontana e frutto dell’immaginazione, quasi fosse la realizzazione di un sogno.

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Sull'autore

Joë Bousquet

Joë Bousquet (1897-1950) è stato uno tra i maggiori scrittori del XX secolo. Gravemente ferito alla colonna vertebrale, il 27 maggio 1918 durante la Prima guerra mondiale, rimane paralizzato nella parte inferiore del corpo all’età di ventuno anni. Reso gravemente infermo, si applica a una vasta opera eteroclita per trasformare la propria ferita in un simbolo universale. Nessun poeta, dopo Rimbaud, si è lasciato tanto attirare come Bousquet dalle vertigini delle tenebre, dove il silenzio è materia inerte da ascoltare. La sua ampia produzione, che comprende romanzi, poesie, saggi di critica letteraria, lettere, diari, è in gran parte ancora inedita in Italia.