L'ultimo Messia

L'ultimo Messia

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Dall’estremo nord dell’Europa nel 1933 si rinnovò l’invito socratico a porre sé stessi quale oggetto di conoscenza, chiave di volta di tutto ciò che è pensiero sul mondo. L’invito, a opera di Peter Wessel Zapffe, raggiunse una radicalità impensata per il pur sempre ottimistico pensiero occidentale: la conoscenza di sé ha come conseguenza l’autoestinzione dell’umanità. Se gli esseri umani si conoscessero per quello che sono, cesserebbero di alimentare la Storia e lascerebbero campo libero alla Natura. Questo il messaggio del Messia di Zapffe, messaggio per lo più inascoltato e inascoltabile. Inascoltato a causa dei meccanismi di difesa che sostanziano l’essere umano e, probabilmente, lo rendono ciò che è: isolamento, attaccamento, diversione e sublimazione. Inascoltabile a causa del pregiudizio in favore dell’esistenza, che è sempre un’ipoteca sul futuro e, filosoficamente parlando, un furto.

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Sull'autore

Peter Wessel Zapffe

Peter Wessel Zapffe (Tromsø, 1899 - Asker, 1990), alpinista, fotografo, scrittore, filosofo. Conseguì la laurea in giurisprudenza, mostrando precocemente una natura politropa. Probabilmente l’attività che lo caratterizzò maggiormente fu l’alpinismo: sue sono alcune delle conquiste alpinistiche norvegesi, tra cui la cima di Tommeltott e la vetta Hollenderan, battezzata con il suo nome nel 1987. Nel 1933 la rivista “Janus” pubblicò il saggio L’ultimo Messia, sintesi di un’opera più estesa e a tutt’oggi non tradotta, Om det tragiske (1941).

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