Cinematocrazia

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Dopo Abitare la soglia, il filosofo Massimo Donà torna a interrogarsi sulla magia del cinema, un’arte dalla natura menzognera, ma che, nel contempo, riesce a essere uno stupefacente specchio della realtà. Arte barocca per eccellenza, il cinema viene interrogato dal filosofo veneziano quale magico ed eccezionale riflesso della vita, nonché delle sue mirabolanti peripezie. Esso appare dunque come una vera e propria lanterna magica in grado di fare del gioco della verità, che per esso e in esso viene comunque chiamato in causa, il manifestarsi della più radicale impossibilità del “vero” medesimo. In cui a tradirci sarà ogni volta la stessa assoluta veridicità delle sue sempre più fantasmagoriche rappresentazioni. Un libro rivolto a tutti – non solo a cinefili e filosofi –, che intende esplorare attraverso il grande schermo il rapporto tra verità e finzione, realtà e rappresentazione: dicotomie che soltanto la “lanterna magica” del cinema riesce a coniugare in un’unica messa in scena.

Dettagli libro

Sull'autore

Massimo Donà

A dipanarsi, in queste pagine, è un vero e proprio corpo a corpo con la questione che più da vicino, forse, ci riguarda: quella di Dio. Che già Aristotele riteneva costituire la ragione ultima di ogni metafisica – in virtù della quale, cioè, ogni vera filosofia avrebbe dovuto riconoscere, da ultimo, la propria vocazione intrinsecamente teologica. Ma, parlare di Dio, nel nostro orizzonte culturale, significa anche non poter non fare i conti con una tradizione che, nata con la Torah (o Antico Testamento), avrebbe trovato nelle parole dei Vangeli – e, più in generale, del Nuovo Testamento – una tanto sorprendente quanto radicale rideterminazione. E, soprattutto, significa parlare di ciò che, alla luce di tale tradizione, ha sempre finito per riflettere il modo in cui si è saputo pensare il rapporto tra Dio (in quanto “principio”) e le cose del mondo (in quanto “principiati”). Il modo in cui, cioè, si sarebbe riusciti a pensare una “relazione” che doveva essere proprio il Cristianesimo a concepire come inscritta nel cuore stesso di un Principio aporeticamente trinitario.

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