L’adelfìa degli angeli di Santa Maria

L’adelfìa degli angeli di Santa Maria

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Il libro riproduce in modo fedele, anche se non integrale, il diario di un giovane medico affetto da filofobia – fatto che implica nel soggetto un senso di inferiorità, subito “ipercompensato” da un presuntuoso sentimento di superiorità – nonché da un’ossessiva dedizione al lavoro, utile per i malati, soprattutto per il modello di riferimento applicato, l’adelfia delle suore dell’ospedale Santa Maria degli Angeli di Pordenone. Accanto agli aspetti autobiografici, autoanalitici e al neologismo riproposto, appaiono in filigrana nel testo e si intrecciano con le vicende personali e familiari del protagonista tutta la serie di radicali cambiamenti della società degli anni ’70 e l’epocale trasformazione degli ospedali avviata in quel periodo. Questi, sino ad allora gestiti come gli ospizi delle varie confraternite medioevali, furono inglobati nel nascente Sistema Sanitario Nazionale. Fa da sfondo alle vicende lo scenario di tre città: la mitica Venezia con il suo Lido e la sua campagna (Padova), la regale Parma, capitale del Gran Ducato di Maria Luisa, col suo Parco Farnese, e, infine, Concordia/Portus Naonis, storicamente luogo d’incontro di popoli e civiltà e vocazionalmente orientata alla transculturalità.

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