Bhagavad Gita
Con un commento del testo basato sul Gītā Bhāṣya di Rāmānuja
Piera Scarabelli
Massimo Vinti
La Bhagavad Gītā consiste in un dialogo tra maestro e discepolo, Krsna e Arjuna, che avviene sul campo di battaglia dove si fronteggiano gli eserciti armati dai due rami della stessa famiglia regnante; il colloquio comincia con la crisi di coscienza di Arjuna, schierato in una delle due fazioni, sgomento dinanzi alla prospettiva di dover massacrare amici e parenti per affermare i suoi diritti.
Di là del significato letterale del testo, nelle parole di Arjuna si scorge il lamento dell’anima impegnata in un conflitto esistenziale che sembra sopraffarla e al quale, in qualche modo, cerca di sottrarsi: egli è l’emblema dell’uomo che, nel momento cruciale della battaglia contro se stesso, rappresentata nel testo da una guerra fratricida, tende a tergiversare, a fare un passo indietro; non vorrebbe abbandonare, per una sorta di attaccamento o di timore, quelle negatività che pure riconosce come tali, ma che considera anche parte di sé, cioè suoi “parenti”, vale a dire i suoi difetti, i suoi vizi, le sue cattive abitudini, la sua debolezza nei confronti dei piaceri sensoriali; difetti con i quali ha sviluppato nel corso degli anni una grande familiarità e dai quali una parte di sé, inconsciamente, non vorrebbe separarsi. Per dirla con le parole di san Paolo, Arjuna deve deporre l’uomo vecchio, con la sua condotta, e rivestire l’uomo nuovo; ma per arrivare a questo deve imparare ad agire senza attaccamento, cogliendo in ogni azione, anche la più semplice, un signifi cato che l’uomo vecchio, dedito esclusivamente alla soddisfazione del proprio ego, non riusciva a scorgere: la sacralità di ogni azione compiuta nell’adempimento dei propri doveri quotidiani, anche i più semplici, quando questa sia concepita come un’offerta al Maestro interiore, e non motivata dal proprio personale tornaconto.
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Original text
Yes -
Language
Italian -
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About the author
Piera Scarabelli
Piera Scarabelli è stata insegnante di Yoga per molti anni; ha frequentato, prima in Germania e poi in Svizzera, i corsi della Medau Schule, della scuola di Yesudian e di Valser; diplomatasi alla scuola di André Van Lysebeth, nel 1977, e successivamente al corso di formazione insegnanti Yoga della Federazione Italiana Yoga (I.S.F.I.Y.), dove ha conosciuto Gerard Blitz, di cui ha seguito l’insegnamento fino alla sua morte. Già membro del Comitato Direttivo e del Collegio dei Probiviri della Federazione Yoga, da molto tempo si è dedicata allo studio dei testi sacri della tradizione indù, pubblicando, insieme a Massimo Vinti, una versione dello Yoga Sūtra e della Sāmkhyakārikā.
Massimo Vinti
Massimo Vinti nel 1976 si è avvicinato allo Zen, portato in Europa dal maestro Taisen Deshimaru, e alle pratiche della meditazione; successivamente ha iniziato a interessarsi anche di Yoga. Nel 1982 ha incontrato Piera Scarabelli, di cui è divenuto allievo e con la quale ha iniziato lo studio dei testi della tradizione indù.